Lucerna, sotto la neve

I mercatini di Natale a Lucerna. Neve o non neve.

Una gita ipotizzata da oltre un mese, organizzata in un paio di giorni seguendo quotidianamente le previsioni del tempo (neve, sole, così così, possibili lievi nevicate ma solo in tarda mattinata), forse andiamo, forse no. Intanto prepariamo le mappe dei mercatini, le indicazioni stradali e scegliamo il parcheggio che potremmo utilizzare. Fino a domenica mattina non si sa, ma le previsioni sono ottimistiche, il tempo sembra bello, anche le webcam ce lo confermano e dopo una abbondante colazione partiamo. Ben vestiti che non si sa mai. Pronti a camminare per ore tra bancarelle tradizionali, e un misto di profumi di cibo e spezie.

Al Gottardo inizia a nevicare, siamo ottimisti e dotati di gomme da neve. Avanziamo ma… verso quelli che il navigatore indica come i restanti 20 minuti di viaggio i dubbi avanzano. “E se continua a nevicare così e non riusciamo a tornare a casa? Invertiamo la rotta?”. Ragionando superiamo la prima uscita, manca poco a Lucerna e quindi proseguiamo. Trovare il parcheggio è un attimo, decidiamo di fare un giro al primo dei mercatini e decidere se rientrare subito.

Il mercatino è… piccolo. Piuttosto differente da quanto ci aspettavamo, risuona di richiami e commenti in italiano, nell’aria un intenso odore di… formaggio.

Il tempo sembra migliorare e decidiamo di avventurarci nelle vie alla ricerca del prossimo mercato, che scopriremo -dopo svariati attraversamenti di ponti- non esserci. Probabilmente colpa nostra: avevamo programmato la gita per il sabato. La città ci piace, il cielo mostra un po’ di blu e noi proseguiamo di qua e di là dai ponti in legno.

Entriamo in un paio di pasticcerie per curiosare: lasciate ogni speranza di dolci profumi o voi che entrate, l’odore sarà sempre e solo di… formaggio.

Optiamo per la seconda colazione con dolci alla nocciola e mandorle, ordinando anche cioccolata con panna. Il cameriere finge di aver capito, assicura di aver ben inteso e torna dopo pochi minuti con tazze fumanti di latte caldo, accompagnato da una bustina di “caotina” da sciogliere nel latte. Al momento del conto sembra disorientato nel porgere il resto della banconota, farfuglia qualche parola in una lingua che non riconosciamo (non è tedesco, non è francese, non è inglese, non è italiano… il personale al banco parlava tutte le lingue), scarabocchia la cifra totale sul blocchetto degli ordini (nessuno scontrino) chiedendoci se “don’t speak english?”. Sembra soddisfatto quando gli consegniamo gli spiccioli e ci restituisce il resto in banconote.

Torniamo a passeggiare tra gabbiani, papere, cigni e piccioni, decidiamo di avventurarci verso le mura con le torri (impossibile la passeggiata panoramica in inverno). Esultiamo ai primi raggi di sole che ci colpiscono e torniamo alla ricerca del prossimo mercatino.

All’interno della stazione troviamo alcune bancarelle che offrono dolci e pietanze varie immerse in un aroma di… formaggio. Fatichiamo a riconoscere “i natali di decine di nazioni del mondo”. Un po’ delusi dalla mancanza del vero clima natalizio e di artigianato che ci aspettavamo, torniamo in centro, attraversando e fotografando i ponti.

Prima di ripartire, scacciati dalla “gara di giovani che frustano le strade” (Usanze di metà inverno) e sembrano lì apposta per cacciare i turisti, tiriamo le somme mangiandoci una fetta di pane con bratwurst e cervelat. Mercatino: bah. Città: merita nuove visite e fotografie.

SchwenningerMoos

Ci sono luoghi in cui la maggiorparte delle persone evita di andare. Li definiscono “tristi”, “vuoti”, “sempre uguali” e così via.
Io adoro questi luoghi. Mi affascinano. E poi no, decisamente non si può definire priva di vita una riserva naturale (anche se delle zanzare farei volentieri a meno). È buffo quando passo le ore a disegnare o fotografare in posti come questo, perché la gente che passa si domanda che cosa io abbia mai visto: di solito si aspettano un evento, un animale, qualcosa di “spettacolare” e non riescono ad individuarlo in quel panorama, o in quell’albero o in quel dettaglio. Peccato. È buffo, dicevo, soprattutto quando (anche se non molto convinti, ma decisi a non sembrare sciocchi, riproponendosi di individuare la “cosa” quando saranno tranquilli a casa) decidono di imitarmi, afferrano la loro compatta e iniziano a scattare fotografie nella direzione in cui sono rivolta. Di solito io uso un tele, loro un grandangolo.

SchwenningerMoos
è una riserva naturale (biotopo) in Foresta Nera, vicino a Villingen-Schwenningen

gli scienziati hanno individuato 126 specie di farfalle, 66 di uccelli, 44 diverse lumache di terra, 29 specie di scarafaggi, libellule, molluschi, pesci, anfibi, rettili e anatre.

Io ci ho trovato anche un’anatra golosa di snack al cioccolato e cocco.

Mappa

Anto’ una granita al limone…

Granita al limone, Santo Stefano di Camastra, Le Palme cafè,

Impossibile pensare alla Sicilia senza pensare alla granita, ed impossibile pensare granita senza pensare alla Sicilia. È un po’ come pensare al panettone di Milano, o la pizza napoletana. Prodotti tipici, ampiamente conosciuti. E riprodotti. Tanto che ne possiamo trovare ovunque. Ma decisamente, a costo di ricadere nei luoghi comuni, è obbligatorio almeno una volta nella vita assaggiare l’originale. Ne vale la pena. I simili non sembreranno più gli stessi, il ricordo solleticherà ancora le papille gustative ed il desiderio di tornare ed assaporare l’originale.

E da oggi, per me, la frase “granita al limone” evocherà un’immagine, come una fotografia: un cielo azzurro, sopra un mare blu, una terrazza assolata in Sicilia ed un fresco e dolce ristoro.

Colazione in Sicilia: la granita con brioche

Colazione in Sicilia: granita al caffè con panna e brioche.
Santo Stefano di Camastra, Le Palme Cafè.

La prima vera colazione siciliana.

Ho sentito parlare di colazione con granita e brioche per la prima volta tanti anni fa, quasi 20 se ci penso. Ed allora la cosa mi è sembrata davvero strana. Certo io vivevo in Valtellina, che notoriamente evoca immagini di montagne, freddo, cibo caldo, cioccolata con la panna. La colazione, su al nord, è un classico “cornetto e cappuccino” o comunque qualcosa di caldo. Decisamente antitetico. E poi la granita che conoscevo io era ghiaccio tritato con un po’ di sciroppo, tipica del baretto della spiaggia delle vacanze al mare. Immaginare di inzuppare un cornetto fragrante in un bicchiere di ghiaccio tritato mi gelava lo stomaco. Ero curiosa, soprattutto per la luce che vedevo negli occhi di chi mi raccontava con passione e nostalgia di quelle colazioni siciliane. Un giorno d’estate al lago ho anche provato una mia versione di quella colazione. In una variante che mi sembrava più “a metà strada”: una coppa di gelato alla crema e nocciola con panna montata. Peccato che la giornata fosse stranamente grigia e fredda, per essere agosto. E così l’esperimento non è pienamente riuscito.

Solo oggi ho scoperto che cosa sia davvero la colazione con granita al caffè e brioche.
Svegliarsi all’alba con un tiepido raggio di sole che penetra dalla finestra aperta e si riflette sul mare, ed il profumo delle brioche che instancabilmente vengono sfornate al piano di sotto è più che poesia. Non aspetti altro che apra il bar per fiondarti a fare colazione. La prima vera colazione siciliana. Ed a stupirti non è solo il profumo, il colore e la sofficità di quella brioche. C’è la cremosità di quella granita e tutta l’intensità del vero caffè. E la panna, vera panna montata come si deve!

Un’altra immagine per il mio album dei ricordi: colazione in Sicilia è una tranquilla terrazza con vista mare, una coppa di cremosa granita al caffè sormontata da una densa nuvola di soffice panna ed una morbida brioche (gialla!) da inzuppare.